ie AGRICULTURE S.r.l.


 ie AGRICULTURE S.r.l. offre ai Produttori un servizio agronomico di gestione degli impianti agrovoltaici per far convivere la tecnologia delle rinnovabili, l’impianto agro-fotovoltaico, appunto, con delle colture agricole remunerative, inframmezzandoli nello stesso impianto, creando un agroecosistema perfettamente inserito nel territorio. Si vuole realizzare in questo modo un unico complesso tecnologico, ecologico e produttivo che non soltanto mitighi al massimo gli effetti dell’impatto ambientale legati alla presenza dell’impianto, ma che ne valorizzi l’aspetto economico-produttivo del territorio, arricchendo di maggiore eterogeneità l’ecosistema circostante. L’obiettivo prefissato, infatti, è quello di garantire un miglioramento costante e duraturo dei risultati produttivi nel pieno rispetto dell’ecosistema circostante. Per far questo, i fattori prioritari, da focalizzare, sono considerati il mantenimento della fertilità naturale del terreno, l’uso appropriato dei mezzi meccanici, l’adozione di idonee pratiche agronomiche, la crescita della competitività dell’impresa nel panorama economico di riferimento attraverso metodi di gestione economica flessibili ed innovative.

 Pertanto, la realizzazione di agroecosistemi costituiti da colture idonei permetterebbe da un lato ad una maggiore diversificazione colturale, arricchendo l’ecosistema di specie vegetali che hanno esigenze colturali differenti, dall’altro, proprio il fatto di realizzare colture più redditizie rispetto ai seminativi, porterebbe ad incrementare l’economia del territorio e tutti gli altri aspetti ad essa legati.

 In generale, gli obiettivi che possono essere raggiunti attraverso questo tipo di investimento sono molteplici:



·   integrare la tecnologia fotovoltaica nei contesti agricoli, evitando di sottrarre terreni utili                        all’agricoltura e limitando in maniera sostanziale l’impatto visivo nel contesto rurale;

·   aumentare la redditività delle aziende agricole attualmente in crisi per le basse rese economiche;

·   aumentare la disponibilità di aree destinate al fotovoltaico senza ridurre quelle disponibili                      all’agricoltura;

·   utilizzo di diverse tecniche colturali ed agronomiche che possono migliorare le caratteristiche                fisiche  e chimiche del terreno;

·   ridurre gli effetti negativi legati alla monocoltura estensiva dei seminativi;

·   riduzione dei rischi legati all’insorgere dei fenomeni erosivi che possono portare alla                                desertificazione.


 La realizzazione di un impianto agri-fotovoltaico per la produzione di energia da fonte rinnovabile, preserverà la quasi totalità della superficie agraria coltivabile, permettendo di non sottrarre suolo alle coltivazioni e, di contro, non arrecherà danni da impatto ambientale anzi produrrà effetti positivi a tutto l’ecosistema, in quanto limiterà gli effetti dell’erosione idrica dei terreni che, se non controllata, può portare alla desertificazione e quindi alla perdita irreversibile di suolo.

Agrivoltaico in Italia: le linee guida disegnano il fotovoltaico in agricoltura.

 Di seguito viene riportato sull’argomento un interessante articolo del 05/07/2022 di Infobuildenergia.

Le “Linee Guida in materia di Impianti Agrivoltaici” da poco pubblicate descrivono caratteristiche e requisiti delle soluzioni in grado di conciliare la produzione fotovoltaica all’agricoltura.

 

 L’agrivoltaico in Italia ha ora un riferimento. Sono state pubblicate in questi giorni le “Linee Guida in materia di Impianti Agrivoltaici”, documento che illustra le caratteristiche e requisiti degli impianti agrivoltaici, ossia in grado di conciliare la produzione energetica da fotovoltaico all’agricoltura. Più precisamente, essi intendono preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale sul sito di installazione, garantendo una buona produzione energetica da fonti rinnovabili.

È frutto dell’impegno del Gruppo di lavoro coordinato dal Ministero della Transizione Ecologica a cui hanno partecipato: CREA – Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, ENEA, GSE ed RSE.

 In esso vengono descritte caratteristiche e requisiti che un impianto fotovoltaico dovrebbe possedere per essere definito agrivoltaico, “sia per ciò che riguarda gli impianti più avanzati, che possono accedere agli incentivi PNRR, sia per ciò che concerne le altre tipologie di impianti agrivoltaici, che possono comunque garantire un’interazione più sostenibile fra produzione energetica e produzione agricola”, specifica il MiTe in una nota.

 Le linee guida servono a fornire specifiche e a chiarire – si spera – cosa può offrire l’impiego combinato delle rinnovabili in agricoltura, partendo dall’uso corretto del fotovoltaico.

Agrivoltaico in Italia: cos’è e quali sono le colture più o meno adatte

 Il documento specifica subito che quello agrivoltaico “è un sistema complesso, essendo allo stesso tempo un sistema energetico ed agronomico”. In generale, spiegano gli autori,

“la prestazione legata al fotovoltaico e quella legata alle attività agricole risultano in opposizione, poiché le soluzioni ottimizzate per la massima captazione solare da parte del fotovoltaico possono generare condizioni meno favorevoli per l’agricoltura e viceversa. È dunque importante fissare dei parametri e definire requisiti volti a conseguire prestazioni ottimizzate sul sistema complessivo, considerando sia la dimensione energetica sia quella agronomica.”

 Le linee guida relative all’agrivoltaico in Italia illustrano, inoltre, le coltivazioni cui è adatto e quelle per cui lo è meno o per nulla.

 La classificazione vuole essere una prima valutazione basata su alcuni studi condotti in Germania, relativi al comportamento di differenti colture sottoposte alla riduzione della radiazione luminosa. Ci sono “colture molto adatte”, per le quali l’ombreggiatura ha effetti positivi sulle rese quantitative nel caso di patate, luppolo, spinaci, insalata e fave. Cipolle, fagioli, cetrioli, zucchine rientrano, invece, nelle colture mediamente adatte, mentre tra le colture adatte, ossia quelle per le quali un’ombreggiatura moderata non ha quasi alcun effetto sulle rese vi sono: asparago, avena, carota, cavolo verde, colza, finocchio, orzo, piselli, porro, ravanello, sedano, segale e tabacco.

 Ci sono poi le colture poco adatte, che riguardano cavolfiore, barbabietola da zucchero e barbabietola rossa. Infine, le colture non adatte contemplano le piante che richiedono tanta luce, per cui anche modeste densità di copertura determinano una forte riduzione della resa: di queste fanno parte alberi da frutto, farro, frumento, girasole e mais.

I requisiti dell’agrivoltaico

 Le linee guida dell’agrivoltaico in Italia riportano i requisiti che i sistemi agrivoltaici devono rispettare al fine di rispondere alla finalità generale per cui sono realizzati.

Gli autori ne illustrano cinque.

 Nel requisito A si introduce il tema della progettazione: il sistema è progettato e realizzato in modo da adottare una configurazione spaziale e opportune scelte tecnologiche tali da consentire l’integrazione fra attività agricola e produzione elettrica e valorizzare il potenziale produttivo di entrambi i sottosistemi. In pratica, il primo obiettivo nella progettazione dell’impianto agrivoltaico è creare le condizioni necessarie per non compromettere la continuità dell’attività agricola e pastorale, “garantendo, al contempo, una sinergica ed efficiente produzione energetica”.

 Questo risultato va raggiunto considerando alcuni condizioni e parametri quali la superficie minima coltivata e il LAOR massimo, ovvero la percentuale di superficie complessiva coperta dai moduli.

Il requisito B fornisce le finalità del sistema agro-fotovoltaico: esso deve garantire la produzione sinergica di energia elettrica e prodotti agricoli e non compromettere la continuità dell’attività agricola e pastorale.

 Il requisito C introduce il tema delle soluzioni integrate innovative con moduli elevati da terra, adottate dal sistema agrivoltaico, volte a ottimizzare le prestazioni del sistema sia in termini energetici che agricoli. È un requisito particolarmente importante in quanto descrive l’aspetto attinente alla configurazione spaziale del sistema e – in particolare – l’altezza minima di moduli da terra.

 “Nel caso delle colture agricole, l’altezza minima dei moduli da terra condiziona la dimensione delle colture che possono essere impiegate (in termini di altezza), la scelta della tipologia di coltura in funzione del grado di compatibilità con l’ombreggiamento generato dai moduli, la possibilità di compiere tutte le attività legate alla coltivazione e al raccolto”.

 Lo stesso si scrive nel caso di attività zootecniche, “considerato che il passaggio degli animali al di sotto dei moduli è condizionato dall’altezza dei moduli da terra”.

L’importanza dei sistemi di monitoraggio

 Il documento sull’agrivoltaico in Italia mette in luce l’importanza di questi sistemi di monitoraggio, attività i cui esiti sono fondamentali per valutare gli effetti e l’efficacia delle misure stesse.

 I requisiti D ed E hanno a che fare con sistemi dedicati. Nel primo caso si focalizza sulle soluzioni riguardanti l’impatto sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola per le diverse tipologie di colture e la continuità delle attività delle aziende agricole interessate. Evidenzia come gli esiti dell’attività di monitoraggio siano fondamentali per valutare gli effetti e l’efficacia delle misure stesse.

 Nel caso del requisito E il sistema agrivoltaico è dotato di un sistema di monitoraggio che, oltre a rispettare il requisito D, consenta di verificare il recupero della fertilità del suolo, il microclima, la resilienza ai cambiamenti climatici.

I costi di investimento

Sempre nelle linee guida dell’agrivoltaico in Italia è compresa un’analisi dei costi di investimento.

 L’agrivoltaico, oltre che un tema in auge (sarà anche trattato in occasione del WCPEC-8 2022, la cui chair è Alessandra Scognamiglio) è una scelta che non presuppone costi impossibili. Il documento riporta alcune stime preliminari che indicano costi di investimento non superiori a 800 €/kW per sistemi oltre 10 MW, quindi sono “verosimilmente realizzabili senza sostegno”, sottolineano gli autori.

 Le principali voci di costo per cui risultano importanti differenze sono le strutture di montaggio che a partire da 65 euro al kilowatt degli impianti a terra arrivano a 320-600 €/kW per sistemi a colture seminative a 130-220 €/kW per colture permanenti.

 Ci sono poi i costi relativi alla preparazione del sito e l’installazione, che da 150 €/kW di installazioni tradizionali arrivano fino a 300 €/kW per sistemi a colture seminative (realizzazione fondazioni, posa cavi in profondità, strade), e i moduli, che da 220 €/kW della tecnologia tradizionale raggiungono i 350 €/kW nel caso si considerino moduli bifacciali vetro-vetro, che permettono anche di limitare la riduzione dell’irraggiamento a terra, favorendo l’attività agricola.

 Complessivamente, a partire dai circa 750 euro al kilowatt per gli impianti di tipo tradizionale (800 €/kW con inseguimento monoassiale, single tracker) si arriva a circa 1.200 €/kW per sistemi a colture seminative (con variabilità di circa 375 €/kW) e 950 €/kW per sistemi a colture permanenti (con variabilità di circa 270 €/kW). In media, quindi, rispetto a un impianto tradizionale, si ha “un incremento del 60% per un sistema a colture seminative, e del 25% nel caso di un sistema a colture permanenti”.

 Il documento non manca di riportare anche una stima del costo di O&M che per un sistema agrivoltaico si riduce del 13% rispetto a un impianto tradizionale.


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